Mille modi di essere mamma, un solo obiettivo comune.

Mille modi di essere mamma, un solo obiettivo comune.

Chi non si è mai sentita giudicata come mamma? Dai parenti, dalle amiche, soprattutto dalle altre mamme.
Da una divertente parodia sui diversi stili genitoriali forse può nascere uno spunto di riflessione.

Ieri ho trovato per caso questa divertente – ma anche commovente – parodia sui diversi stili genitoriali, che ho subito condiviso nella pagina Facebook di Mammamatta nella versione sottotitolata.

Si tratta in realtà di uno spot per un latte in formula, ma dato che non è commercializzato in Italia, penso di poterlo utilizzare liberamente come semplice spunto di riflessione.

Una mamma è seduta su una panchina al parco, cullando il suo bambino, quando arrivano diverse “gang” di mamme e papà che rappresentano stili di vita diversi e approcci differenti sull’educazione dei figli. Ci sono le mamme in carriera in tailleur che con un braccio portano i loro bimbi e con l’altro usano lo smartphone, le yogamamme con la fascia porta bebè, quelle che in rete vengono poco elegantemente definite “tettalebane”, ovvero le mamme che allattano al seno anche ad oltranza e quelle col biberon. Non mancano un gruppo di allegri papà che ne approfittano per grigliare qualche würstel e due coppie di mamme gay.

Ed ecco che, tra un’altalena e uno scivolo, inizia uno scontro fra bande rivali, con uno scambio di battute tanto verosimile quanto esilarante.

tettalebane

“Qualcuno è troppo pigro per allattare al seno”.

biberon

“Mi sa che a qualcuno oggi fanno male i capezzoli”.

Non importa quali scelte una mamma faccia per i suoi figli, sarà spesso giudicata da altre mamme, da amici e parenti, persino da sconosciuti on-line. Sui social, uno scambio di vedute civile è pressoché impossibile. Alcuni argomenti sono troppo caldi – quante di voi hanno partecipato o assistito ad un flame sui forum sull’allattamento, o sui parti cesarei? –  ma si discute animatamente per molto meno.

 Vedo madri che si muovono ancora incerte fra un pianto notturno e un pannolino da cambiare, subire il confronto con le super-mamme che millantano di riuscire a fare tutto, mascherando abilmente ogni minimo segno di cedimento o debolezza. Spesso, anziché dare consigli, o ciò che davvero sarebbe gradito in questi casi – una semplice pacca sulla spalla – si approfitta della difficoltà di un’altra mamma per affermare se stesse.

legang

“Parto naturale in acqua, con i delfini”.

“Sì ma voi spingete la carrozzina, noi culliamo. Favorisce l’attaccamento”

Succede continuamente nella vita reale, dove possiamo facilmente scegliere di sorvolare su un commento sgradito e sottrarci ad una conversazione poco costruttiva. Il fenomeno assume invece una piega a dir poco inquietante in rete, dove forse le dita prudono troppo per tacere. Dietro uno schermo, magari protette da un profilo privato, si pratica la libera aggressione verbale. E una madre si trasforma in un giudice feroce per altre madri.

L’episodio più grave in cui mi sono tristemente imbattuta è di pochi giorni fa. Alla notizia di una bambina di 19 mesi morta soffocata per una caramella gommosa, una madre commentava così:

“A me queste notizie danno solo fastidio per la stupidità di certi “adulti” che hanno anche avuto il coraggio di riprodursi…Non mi fanno pena quelli che ingozzano i figli poi versano lacrime di coccodrillo! Per chi se le cerca non porto alcun tipo di rispetto; penso soltanto a chi è vittima della superficialità di chi invece dovrebbe trasmettere insegnamenti: i genitori…e che si vergognino!”

Neppure di fronte alla morte si sceglie di sospendere il giudizio. E senza nemmeno conoscere i risvolti della situazione, una mamma condanna un’altra mamma.

Forse già sapete quanto mi stia a cuore il tema della prevenzione dal soffocamento in età pediatrica. Mi sta a cuore perché ho vissuto in prima persona un’esperienza traumatica con mio figlio. Leggere il giudizio così estremo di un’altra madre mi ha ferita profondamente, come del resto mi avevano ferito alcuni impietosi commenti alla mia esperienza, che non riporto qui perché superano ogni umana decenza.

Ma non lo sapete che le parole sono importanti? Le ha pe(n)sate tanto bene Zeldawasawriter. Non lo sapete abbastanza. E infatti, pochi giorni dopo, accade di nuovo sotto la foto di un padre disperato che ha perso la figlia, dimenticata in auto per ore.

“Ma come si fa?! A me non potrebbe mai accadere”.

Chi commenta così, oltre a mostrarsi ottuso e incapace di compassione, non ha idea di quello che dice. Apro una piccola parentesi su questo tema per sottolineare che è stato dimostrato da alcuni studi come possa accadere davvero a chiunque, di dimenticare un figlio in auto. Per semplificarvi la cosa, vi dico solo che è colpa di banali meccanismi del nostro cervello basati sugli automatismi. Se volete approfondire, leggete qui e qui. 

Il punto è che dovremmo azzerare i giudizi. Dovremmo nutrirci l’un l’altra nello stesso modo in cui nutriamo i nostri figli. Formare una catena di supporto, per affrontare la maternità con più fiducia. Perché non se siamo capaci?

gruppo

Sarebbe tempo di mettere via quel dito sempre puntato, deporre le frecciatine. Perché anche se non esistono due mamme uguali, condividiamo tutte lo stesso percorso e in fondo abbiamo a cuore la stessa cosa: il benessere dei nostri figli.

Io scelgo di abbracciare le madri che scelgono di abbracciare la maternità. Scelgo di rispettare anche le scelte che non condivido. Non ho la presunzione di essere la madre migliore del mondo. Fra le mie quattro mura, mi sforzo solo di essere la madre migliore possibile.

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